giovedì 28 agosto 2008

Rotti e stracciati, ma straordinari!

Sapete chi è questo ragazzo?

Si chiama Pierluigi Bini, la foto è di qualche anno fa, ed è un fortissimo alpinista romano.

Ho consciuto questo personaggio sulle pagine di Meridiani Montagne, sul numero dedicato al Sella, ed ho approfondito le sue vicende nel divertente libro Rotti e Stracciati - Aria di Roma sulle cime.

La sua storia mi hanno colpito molto. Vi spiego perchè.

Fine anni settanta una mattina, sotto al Ciavazes (Gruppo del Sella), gli alpinisti locali, e qualche foresto proveniente dalla lombardia, si apprestano a scalare. Scarponi e pantaloni alla zuava la fanno ancora da padroni, in parete si trascorrono intere giornate.
All'improvviso, sul sentiero all'attacco della parete, sbuca un ragazzino secco come un'uscio. E' in tuta da ginnastica e superga.
Nello sbigottimento generale si prepara a scalare; gli fa da secondo di cordata un signore un po'goffo che ha visibilmente superato la sessantina.

L'ilarità sucitata dalla strana coppia dura ben poco tempo, si spegne dopo i primi tiri, quando Pierluigi macina in pochi minuti metri su merti in verticale raggiungendo, e superando, le accaldate cordate partite ore prima.
Bini arrampica in libera, veloce, sicuro ed altrettanto velocemente recupera il suo attempato compagno.
Quel giorno segna per gli alpinisti presenti, quelli più intelligenti ed aperti, una rivoluzione.
Quello strano ragazzo romano in tuta e superga rappresenta quel cambiamento del costume e della società, di cui tanto si fa parlare dopo il trauma del '68, applicato all'alpinismo.

Negli anni '70 l'alpinismo in Italia è una disciplina sicuramente diffusa, ma a sud del Po non è poi così "popolare" come oggi.
Diciamo che, per chi non vive in prossimità delle grandi montagne, la pratica dell'alpinismo rimane legata ad un certo status sociale ed economico.

Pierluigi proviene da una popolare borgata romana, Torre Maura, la sua è una famiglia normale, non appartiene certo alla borghesia capitolina, ma dentro di lui arde il fuoco sacro dell'arrampicata.
Bini non ha una lira in tasca, come tutti i ragazzi di allora, ma la sua passione lo spinge, tra mirabolanti peripezie, alla conquista delle vette e delle pareti più impegnative con imprese degne di nota.
Egli dimostra che le teorie di Messner sull'arrampicata libera possono essere messe in pratica anche da un ragazzo che vive lontano dalle Alpi e che aggredisce la roccia in superga (per poter avere il piede più adattabile).

E' una svolta per l'approccio alla montagna, non solo dal punto di vista filosofico (un alpinismo che si fa divertente, ludico, scansonato), ma anche da quello tecnico (con l'idea di salire leggeri e comodi per agevolare movimenti del corpo e gestualità tecnica).

Per anni Pierluigi concatena sulle Dolomiti, come sul Gran Sasso, vie di strordinaria estetica e tecnica, suscitando la simpatia e l'ammirazione degli alpinisti più forti della sua generazione.
E' una passione cocente, totalizzante che lo porta ad abbandonare la scuola ed a fare dell'alpinismo la sua unica occupazione per interi anni.
Bini è, a suo modo, un rivoluzionario e dunque, come tutti i rivoluzionari, è un radicale.
Lo è però con una straordinaria modestia e con una grande semplicità che lo portano ad alternare le arrampicate con grandi campioni dell'alpinismo ad uscite con neofiti sconosciuti o vecchi amici dilettanti della montagna.

Questo tratto del personaggio mi ha infinitamente colpito perchè coglie lo straordinario nell'ordinario ed il viceversa.

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